Alla scoperta dell'antica arte dell'intreccio
Situato nel Castello Medievale, il Museo del Giunco Palustre celebra l'arte distintiva di Acquarica del Capo: la creazione di oggetti in paleddu (giunco palustre), che le ha valso il titolo di "Città del Giunco".
All'interno del Museo, inaugurato nel 2008, si possono ammirare manufatti artigianali, alcuni dei quali molto antichi, e si possono comprendere le fasi di lavorazione attraverso le ricostruzioni degli ambienti in cui le cestinaie ("spurtare") passavano le loro giornate.
Imperdibile è il "Presepe di Giunco", capolavoro completato nel 1975 da Addolorata Olimpio, che all'età di 73 anni è stata insignita del titolo di Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
📍Dove: Piazza San Carlo n. 11 - località Acquarica del Comune di Presicce-Acquarica (LE).
📆 Quando: da giugno a settembre (salvo visite su prenotazione), tutti i giorni dalle 18:00 alle 21:00.
Pillole di storia: l'Esposizione mondiale di Vienna nel 1873
Le prime notizie di questo artigianato sono state fornite da Giacomo Arditi nel 1879, il quale riferisce che le donne di Acquarica, oltre a supportare gli uomini nei lavori agricoli, si dedicavano "all'industria speciale di tessere sporte, cestini e fiscelle di giunco (iuncus et fusus), che chiamano volgarmente Pileddu".
La pratica secolare di raccogliere e intrecciare i fili di giunco, raccolti nelle paludi di Avetrana, Ugento e Acaja, veniva eseguita dalle mani pazienti delle donne, che creavano "quelle utili e svariate fatture, alcune delle quali meritarono di stare all'Esposizione mondiale di Vienna nel 1873".
Cosimo De Giorgi nel 1882 confermò queste informazioni, aggiungendo che “meritarono un premio”. In seguito, i manufatti furono presentati alla Mostra Nazionale di Torino, ottenendo molte commissioni.
Un’impresa di Londra "giunse a far rifiorire questa industria del panieraio. E i prodotti furono spediti in Inghilterra ed in Germania, e per tutto furono accolti con favore, anche per la tenuità del loro prezzo".
L'arte del giunco oltre i confini locali
I manufatti in giunco venivano commercializzati nei mercati di tutto il Basso Salento e richiesti anche dai rivenditori delle province di Bari e Brindisi.
Secondo il Ministero per l’Industria e il Commercio, nel 1921 “a Acquarica del Capo si consumano più di 2.000 quintali di materia prima provenienti dalle paludi del Capo del Capo di Leuca per produrre cestini di svariate fogge e dimensioni. Questi cesti resistenti e leggeri nel tempo stesso, si esportano in gran quantità nell'America del Nord, in Inghilterra e in Germania. Vi lavorano circa 300 donne per buona parte dell'anno e specialmente nella stagione invernale" (Cit. da «Le piccole industrie», Anno 1921 — N. 6, Soc. Tip. A. Manuzio, Roma, 1922).
Nel 1926, i piccoli stabilimenti locali inviavano le loro merci anche a Rimini, Riccione, Milano, Firenze e in Svizzera. Alcuni cestini vennero persino spediti all’Istituto di pena dell’Isola d’Elba per essere utilizzati come contenitori per il pranzo dei detenuti al lavoro fuori dalle prigioni.
Nel 1938, i cestini prodotti dall’opificio di Vito Palese furono esibiti alla XII Fiera Internazionale di Tripoli in Libia e, nel 1951, insieme a quelli dell’opificio di Eugenio Zonno, furono presentati alla IX Triennale di Milano e citati nei relativi Quaderni.
Le creazioni delle spurtare di Acquarica sono esposte anche all’Ecomuseo della Civiltà Palustre di Villanova di Bagnacavallo a Ravenna, grazie a un’iniziativa nata nel 2002 con la partecipazione del Comune alla mostra «Culture a Confronto: l’utilizzo tribale delle foglie e del legno» durante la XVIII Sagra della Civiltà delle Erbe Palustri.