Porta il nome di una donna, si ramifica nel sottosuolo da cui ne attinge la linfa vitale e a sua volta offre nutrimento alle piante che la sovrastano e che nelle sue viscere ramificano le radici in cerca di umidità. Una dea Madre che ci accoglie nel suo ventre. Siamo ad Acquarica del Capo. Sotto terra. In una voragine di circa tre metri, all’interno nella quale un enorme albero di fico ha fissato la sua dimora, una piccola fenditura nella roccia, larga appena quanto basta per lasciar passare una persona strisciante, indica l’ingresso ad un mondo sotterraneo che molti ignorano: grotta Antonietta. Scoperta per caso durante i lavori di realizzazione di una cisterna la grotta ha manifestato da subito tutta la sua bellezza ai primi speleologi che hanno avuto la fortuna di avventurasi tra le sue viscere. Un ritrovamento inaspettato ma che molti avevano messo in acconto: situata a ridosso di un canale carsico che fino a poco tempo prima aveva restituito solo due grotte, geologi ed esperti avevano già preventivato la presenza di diverse strutture carsiche occultate da una vegetazione inespugnabile o prive di aperture e sbocchi in superficie. Un basso corridoio di pochi metri che lascia subito spazio ad ambienti alti, sovrastati da stalattiti dalle meravigliose forme a vela e dai bordi seghettati, formatisi da uno scorrimento laterale delle acque calcaree su «cannucce» pendenti e dal cui stillicidio prendono vita sul suolo altrettante stalagmiti. Sculture meravigliose realizzare da un semplice, lento, paziente gocciolio, ininterrotto in migliaia di anni, incurante di ciò che ne era dell’evoluzione della vita sulla Terra. Si aprono a frotte in ampie cavità, anch’esse scavate dall’acqua, ma in maniera più impetuosa e violenta. Finissime e fitte concentrazioni di stalattiti pendono dalla volta, dominandola. Si lasciano vezzeggiare dalla carezze delle torce, mettono in mostra differenti sfumature cromatiche conferitegli da concentrazioni e misture di diversi elementi catturati. Poche ramificazioni sbarrate da grosse concrezioni. Un pipistrello solitario che svolazza in una piccola camera circondata da colonne. Alcuni piccoli salti. Un mondo fresco, umido, fangoso ma estremamente affascinante, molto probabilmente connesso nella genesi alle due grotte che le sono vicine: Sartrea e la Rutta, quest’ultima ricca di antiche iscrizioni in greco e latino e culla di diverse generazioni di uomini. È giunto il tempo di uscire. La riabbandoniamo nell’oscurità in cui è cresciuta. Tutto al suo interno è ancora «vivo», in evoluzione ma non ce ne accorgiamo. Tutto sarà lento. Molto, molto lento.
La cavità è censita nel Catasto delle grotte e delle cavità artificiali della Regione Puglia, dove è possibile consultare i seguenti documenti:
Fonti
Testi e video su gentile concessione dell'Ing. Marco Piccinni, www.salogentis.it
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