La grotta di Santa Maria della Grotta e i ritrovamenti archeologici
- Pro Loco Acquarica del Capo
- 8 gen 2021
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 4 mag

Indice
La grotta
È buio. La luce non penetra in profondità all’interno della caverna della Madonna della Rutta, più comunemente conosciuta come «la Madonna delle Grotte». Una contrada dal variegato patrimonio arboreo e culturale, presieduta da una piccola chiesetta ricavata in una liama, eretta lì dove un tempo si parlava una lingua differente, dove si praticava un culto religioso «intriso di Oriente», dove bastavano poche incisioni e monogrammi per contemplare l’ultraterreno.
È un cancello in ferro, parzialmente arrugginito, l’unica connessione tra due mondi che in un lontano passato hanno camminato insieme fino ad una scissione che non ha lasciato nessuno spiraglio di riconciliazione. Uno dei due ha continuato il suo cammino in queste terre, l’altro rilegato nell’oblio e nell’oscurità di una fredda caverna.
Superato quest’unico ostacolo si entra in contatto con una realtà contadina che ha usato quegli ambienti per anni come deposito di attrezzi agricoli. I raggi del sole penetrano ancora dal piccolo ingresso fino a sbiadirsi quasi del tutto in prossimità delle prime croci.
Si, decine, centinaia di croci di varie forme e dimensioni disposte a formare un firmamento di pietra. L’occhio ci mette un po’ ad abituarsi alla variazione di luminosità. Le pareti della grotta cominciano allora a comunicare, lettere e simboli si muovono per disporsi armoniosamente sulle irregolari superfici interne dell’alto cunicolo.
Monogrammi, croci, nomi, date, «comunicazioni di servizio». Sono a centinaia i messaggi lasciati su queste pareti nel corso dei secoli.
Si inizia dal XII secolo, i caratteri, le espressioni, le parole, i simboli sono di matrice bizantina. Un pesce (dalla dubbia datazione), una croce con il monogramma IC XC NI KA (Gesù Cristo Vincitore) tipico delle icone ortodosse. Iscrizioni che rimandano a passaggi di pellegrini e fedeli, come una scritta in greco che recita «Ricorda o Signore il servo tuo Michele» con una tipologia scrittoria che potrebbe anticipare di due secoli le incisioni bizantine, oppure ancora alcuni glifi latini che riportano nomi e date, come «Fra Felice Adaliria 1619» affiancato da un serpente che si avvolge su un caduceo e «Marcho Chyodo 1694».
E poi nomi comuni, Mario, Giovanni, Marta, Giuseppe, Nicola, affiancati da date che abbracciano tutte le decadi del secolo scorso e da espressioni in una lingua amica, a noi più congeniale. “Non toccate i pipistrelli” dice una di queste incisa nella pietra e poi ricalcata con inchiostro blu. Una cortesia nei confronti di questi piccoli mammiferi che popolano le profondità dell’antro e che non mancano di far percepire la loro presenza con il battito delle ali spostandosi da una parte all’altra della caverna dopo aver percepito una presenza estranea.
(Testo su gentile concessione dell'Ing. Marco Piccinni, www.salogentis.it )
I ritrovamenti archeologici
Situata in quello che era un tempo l'Agro di Acquarica del Capo (oggi Presicce-Acquarica), Santa Maria della Grotta rappresenta una grotta-cripta di straordinario interesse storico-archeologico in cui sono state rinvenute evidenze dell'esistenza di una Cappella sotterranea dell'XI secolo. La sua riscoperta si deve all'opera meritoria del Carmelo Sigliuzzo da Presicce, Generale e appassionato cultore di storia locale.
"L'aspetto di eccezionalità che caratterizza Santa Maria della Rutta è rappresentato dall’imponente repertorio epigrafico che si conserva lungo le pareti della cavità: si tratta di decine di iscrizioni incise dall'età medievale fino ad epoche recenti dai pellegrini in visita al santuario rupestre che invocavano il Signore con formule votive o lasciavano più semplici testimonianze del loro passaggio" (Cit. Mariangela Sammarco, "Un poco noto santuario Rupestre: Santa Maria della Rutta ad Acquarica del Capo (Lecce)").
La grotta fu successivamente inclusa nel censimento degli insediamenti rupestri salentini avviato negli anni Settanta del XX Secolo sotto l'impulso dei Convegni di Studio sulla civiltà rupestre medievale. Una prima analisi scientifica e datazione del repertorio epigrafico è stata realizzata nel 1982 dal rinomato studioso di storia bizantina André Jacob (a cui si deve anche la riscoperta della Cappella di San Nicola di Mira a Celsorizzo), il quale attribuisce «diversi graffiti (...) alla prima metà dell'XI secolo».
Numerose sono le testimonianze epigrafiche con nomi e date incise sulle pareti della grotta; particolarmente interessante è un'iscrizione che riporta esplicitamente il luogo di provenienza del visitatore (Corsano, borgo poco lontano da Acquarica) e, con tutta probabilità, il suo titulus nobiliare (barone): HIC FUIT COLUS SECURUS BARO CURSANI.
L'accesso alla grotta si apre alle spalle dell'omonima cappella attraverso un arco in pietra con margini un tempo riccamente affrescati (circa 2,70 x 2,00 metri) che conduce, dopo un breve percorso di due metri, all'ingresso naturale della cavità. La grotta si sviluppa per circa ottanta metri, con un'altezza variabile dai 3 ai 6 metri, diramandosi in stretti cunicoli e culminando in un suggestivo vano circolare all'interno del quale erano un tempo collocati i resti di un altare.
Il Gruppo speleologico di Nardò ha evidenziato vari spazi:
una serie di scalini digradati verso il portale d'ingresso, impreziositi da tracce di affreschi bizantini ed iscrizioni votive in greco; sia all'esterno, sulla sinistra del varco d'accesso, sia nell'intradosso dell'arco si conservano preziosi lacerti di affresco risalenti alla piena età medievale, databili probabilmente entro il XIV secolo: in particolare, sul lato destro, si distingue chiaramente un raffinato affresco della Vergine con Bambino, di cui permangono i due volti accostati, cinti da un nimbo perlinato, e parte del busto della Madonna; la presenza di questa immagine, posta in una posizione chiaramente significativa all’ingresso della grotta, sembra confermare la valenza del santuario mariano come meta di pellegrinaggi;
Una prima galleria-cappella (che si estende per circa 25 metri con un'altezza variabile da 3,5 a 6 metri) caratterizzata da due croci greche scolpite sulla volta;nella parte iniziale dell'ambiente il pavimento, costituito da lastre calcaree quadrangolari, si conserva per alcuni metri; in quest'area furono rinvenute tombe di anacoreti (stato di un religioso che abbandona la società per condurre una vita solitaria dedicandosi all'ascesi, alla preghiera e alla contemplazione), purtroppo distrutte nei decenni scorsi, delle quali non permane alcuna traccia visibile;
una seconda galleria ricca di graffiti greco-bizantini con croci ed invocazioni votive appartenenti a differenti periodi storici; le testimonianze più antiche risalgono, secondo i riscontri paleografici, all'XI secolo e riportano caratteri, espressioni e simboli di evidente matrice bizantina: tra questi spicca il monogramma IC XC NI KA (Gesù Cristo Vincitore) tipico delle icone ortodosse, la cui immagine si trova anche sulle monete bizantine dell’XI secolo.
Di eccezionale rilevanza scientifica è stata la scoperta effettuata dal Gruppo Speleologico Salentino di Maglie nel maggio del 1959: all'interno della grotta vennero rinvenuti numerosi reperti attribuibili a diversi periodi preistorici: Paleolitico superiore (fra 40.000 e 10.000 anni fa), Neolitico (dal 10000 a.C. al 3500 a.C.), Eneolitico (o età del rame, 3.000 - 2.000 ca. a.C.); particolarmente significativi i ritrovamenti nello stretto cunicolo denominato 'ramo est', che presenta uno sviluppo di 15 metri, dove sulla superficie del deposito, costituito da terreno scuro e polveroso, furono portati alla luce materiali ceramici d'età protostorica, manufatti in selce e due tombe, in particolare i resti di un bambino risalenti all'età del bronzo.
Questa sensazionale scoperta archeologica ha assunto particolare importanza poiché ha fornito una definitiva conferma della presenza umana autoctona nella zona. I preziosi reperti sono attualmente conservati ed esposti presso il Museo di Maglie "L'Alca".
La Cappella di superficie dedicata a Santa Maria della Grotta (XVIII - XIX secolo), un tempo di pertinenza dei padri Carmelitani di Presicce, fu abbandonata a seguito della soppressione dell'Ordine ad opera del regime Napoleonico nel 1806.
La cavità è censita nel Catasto delle grotte e delle cavità artificiali della Regione Puglia, dove è possibile consultare i seguenti documenti:
Fonti
Sammarco Mariangela, "Un poco noto santuario Rupestre: Santa Maria della Rutta ad Acquarica del Capo (Lecce)";
La “Matonna de la rutta” (Madonna delle grotte) | Salogentis
Comments