L'antico mulino - salvato dalla distruzione e recuperato grazie all’intervento, tra gli altri, del Prof. Carlo Stasi da Acquarica e dello scultore salvese Vito Russo - venne trasferito nel Museo delle Tradizioni popolari istituito dalla Provincia di Lecce negli anni 60’ del XX secolo presso l’Abbazia di Santa Maria Cerrate in Squinzano (restauro iniziato nel 1965) attualmente gestita dal FAI (Fondo Ambiente Italiano).
L' "antico mulino da Acquarica del Capo" è citato dalla guida "Tutti i Musei d'Italia" di Vittorio Sgarbi tra le "Opere più significative" da visitare nel museo.
Si tratta di un importante e raro e esempio di macchina molitoria di tipo tradizionale a palmenti (a sfregamento), cioè con macine rotatorie azionate da forza animale, una tecnica di macinazione diffusa in tutte le aree rurali d’Italia e rimasta inalterata per secoli, anche dopo l’introduzione della forza motrice a vapore ed elettrica.
Il mulino reca su una macina la data del 1896: è probabile che la stessa, come del resto quelle dei frantoi della zona, sia stata ricavata dalle antiche cave in località Torre Marchello a Leuca, caratterizzata da calcare compatto e stratificato, di cui ancor oggi sono visibili le "esfoliazioni" e i resti di altre non ancora estratte.
La mancanza di corsi d’acqua nelle pianeggianti campagne in Terra d’Otranto (le attuali province di Lecce, Brindisi e Taranto) ha favorito, nei secoli, la diffusione di un tipo di mulino a trazione animale (noto come centimolo, da centimulus, strumento per macinare azionato da un mulo o da un asino), a differenza di quelli idraulici diffusi in Terra di Capitanata (l’attuale provincia di Foggia) e in parte in Terra di Bari.
(Fonti: Vittorio Sgarbi, "Tutti i Musei d'Italia", pag. 691, Edizioni Domus, 1984; http://www.brundarte.it/.../abbazia-di-santa-maria-di.../).
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