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Un punto di riferimento cronologico indiscutibile per lo studio dell’arte del Duecento in Terra d’Otranto
«La scoperta di un ciclo iconografico finora ignorato dagli storici dell’arte, come questo di Celsorizzo [...] non è un avvenimento banale […] Ora abbiamo un punto di riferimento cronologico indiscutibile per lo studio dell’arte del Duecento in Terra d’Otranto». Con queste parole, i noti studiosi belgi Proff. André Jacob (Université de Louvain) e Michel Berger (Pontificio Istituto Orientale di Roma) concludevano nel 1990 il loro lavoro di ricerca sull’eccezionale scoperta degli affreschi della Cappella di San Nicola presso il sito di Celsorizzo, segnalato dall'Arch. Vincenzo Peluso di Ugento e da Mons. Prof. Salvatore Palese. Jacob, in particolare, ha sottolineatoche «la chiesa di San Nicola[...] va senz'altro annoverata tra i più insigni monumenti bizantini di Terra d'Otranto per il suo notevole ciclo di affreschi, uno dei pochi, [...] ad essere datato con precisione (aprile 1283)". In assenza di date certe, infatti, la datazione di questi monumenti era svolta in maniera approssimativa e casuale, basandosi sull’analisi degli stili: sul punto i due studiosi affermano che «la scoperta degli affreschi di Celsorizzo, dovrebbe cambiare senso [...] alla visione tradizionale delle cose».
Le origini della chiesa e la destinazione al rito bizantino
La Cappella, dedicata al Vescovo San Nicola di Myra, è stata edificata nel 1283 dall’allora feudatario del «villaggio greco» di Celsorizzo, Giovanni da Ugento sotto il regno di Carlo I d'Angiò, per consentire ai fedeli di rito bizantino di partecipare alle celebrazioni liturgiche in una chiesa nuova e riccamente affrescata, come risulta dall'iscrizione interna:
«Nell'anno dell'incarnazione del Signore 128[3, indizione] undecima, durante il regno dell'illustrissimo signore nostro Carlo, re [di Gerusalemme e di Sicilia], il g[iorno .. del mese di apr]ile, Giovanni di Ugento, signore di Cicivizzo, assieme a donn[a? ...], mosso [da ...], per la remissione e il beneficio dell'anima sua e dei suoi parenti, fece costruire e dipingere questa chiesa in onore di Dio e di San Nicola vescovo. Essa è stata dipinta da N[...] Melitinos e da Nicola [...]»
L’epigrafe è scritta in latino, ad eccezione dei nomi degli artisti scritti in greco: l’alternarsi delle due lingue è una caratteristica della chiesetta ed evidenzia la transizione tra le due culture del periodo in cui fu edificata.
L’edificio, di forma rettangolare (dimensioni 7,8 x 3,7 metri), alto circa 4,5 metri, con pareti spesse 1 metro, era un tempo indipendente: solo nel corso del tardo Trecento, infatti, fu costruita la svettante torre difensiva di Celsorizzo, inglobando la chiesa nel suo piano inferiore con conseguente rimozione dell’entrata a ovest.
L’abside, come nella vicina chiesa della Madonna dei Panetti (la più antica chiesa basiliana del Casale di Celsorizzo al cui interno sono state rinvenute tracce di un ciclo dedicato a San Nicola risalente al XIII secolo) è disposta a est, come è solito dello stile bizantino: in tal modo i raggi dell’alba, passanti per la finestrella ora chiusa, toccavano l’altare segnando il momento della celebrazione della Santa Messa. Sul muro a sud, vicino all’abside, è rimasta un’altra piccola finestrella unica fonte di luce assieme alla porta d'ingresso.
Sulla volta sono presenti i resti di tre archi posticci, costruiti per scaricare il peso della torre in seguito all’alloggiamento di grandi vasche al piano superiore: rimossi durante i restauri, hanno preservato una parte dei preziosi affreschi.
La riapertura nel XVI secolo e il passaggio al rito latino
Nel 1536, il casale di Celsorizzo, ormai degradato a feudo, cadde in mano a Claudio Lubello: di questo periodo di passaggio nella cappella rimangono delle scritte autografe in latino da parte della famiglia del nuovo feudatario ("Ego Claudius Lubellus hora III subscripsi a di 15 8(bre) 1535", "Ego Camillus Lubellus die xviij dec(emb)ris 1558") e da parte del sacerdote ("Iste locus sanctus est i(n) quo orat sacerdos / Scripsit hoc do(m)nus Franciscus Monictula de Morciano / die 7 ianuarii 1536 / anno primo quo aperctum fuit hoc sacellum") che oltre a indicare la riapertura al culto, probabilmente segnano anche il passaggio al rito latino.
Secondo Jacob, durante questo lungo lasso di tempo di circa due secoli, i fedeli di rito bizantino ebbero certamente la possibilità di frequentare l'altra chiesa greca di Celsorizzo, quella a due absidi di Santa Maria dei Panetti.
Sulla parete sinistra della navata si rilevano altri tre graffiti in latino riferiti ad ecclesiastici: "frater Franciscus / de Ydronto fecit / hoc opus" ("Frate Francesco da Otranto fece quest'opera"), "[...] cum dono Vincentio / [...] 4 aprilis 1542" ("[...] con Don Vincenzo / 4 aprile 1542"), "Ego Aniballus Alex(anensis?) /1595" ("Io Annibale da Alessano / 1595").
I legami con la Terra Santa
All’interno della Cappella, la cultura greca e latina coesistono in perfetta armonia tra gli affreschi rimasti: ciò è attestato dalla compresenza di Santi latini e orientali cari alle popolazioni salentine del tempo e non solo (basti pensare a Sant'Agata, venerata anche a Malta, o a San Basilio, considerato il padre leggendario dell'Ordine Militare e Ospedaliero di San Lazzaro di Gerusalemme) che rivelano la natura multiculturale dell’area crociata nel corso del XIII secolo. Il Salento, infatti, fu uno snodo strategico durante le crociate: ciò spiega la presenza tra il XII e il XIV secolo delle raffigurazioni dei Santi come cavalieri, come nel caso di Sant’Ippolito, teologo e scrittore, ma rappresentato nella cappella di San Nicola come un cavaliere con bandiera rossocrociata. Sulle pareti della Cappella, inoltre, vi sono graffiti che raffigurano il simbolo del fiore a sei petali, spesso associato ai Cavalieri Templari di Gerusalemme e ciò fa ipotizzare che questo fosse un luogo di passaggio anche per i pellegrini.
Gli stessi studiosi Jacob e Berger affermano che «per la loro stessa originalità, gli affreschi della torre di Celsorizzo, rivelano un’attraente affinità con certe realizzazioni artistiche della Terra Santa, e quindi possono essere collocati nel quadro del fenomeno artistico osservato in Puglia e Basilicata e causato dalle migrazioni seguite agli sconvolgimenti vissuti dall’Oriente latino alla fine del XIII secolo».
Gli affreschi e la loro importanza nella storia dell’arte
Il ciclo iconografico di Celsorizzo è stato definito da Jacob e Berger «il più completo di questo genere della regione» e i suoi affreschi «costituiscono una preziosa testimonianza dell’attività degli artisti greco-salentini e arricchiscono notevolmente la nostra conoscenza della pittura bizantina nel sud Italia». Come scrive De Cillis "si tratta di produzione pittorica in stile bizantino che si mescola con apporti siro palestinesi e ciprioti".
Di seguito una panoramica dei principali cicli pittorici suddivisi in base alla loro collocazione nella Cappella.
Parete Est (abside)
Nell’abside sono presenti gli splendidi affreschi che ritraggono al centro San Basilio di Cesarea e San Giovanni Crisostomo, officianti presso un altare, i quali reggono dei cartigli con scritte in greco tipiche delle preghiere di preparazione della liturgia bizantina («Dio nostro cibo celestiale» e «nessuno è degno per i peccati della carne»), sotto le braccia aperte di un Cristo Pantocratore posto nella calotta absidale che, benedicendo alla greca, regge un cartiglio in latino con su scritto «Io sono la luce del mondo e chi mi seguirà non camminerà nelle tenebre» (Vangelo di San Giovanni VIII, 12) portato in gloria da angeli e attorniato dai Quattro Viventi (Tetramorfo).
Sulla destra e sulla sinistra dell’abside sono riconoscibili le scene dell’Annunciazione, con l’Arcangelo Gabriele e la Vergine, che segnano l'inizio delle raffigurazioni ispirate al Dodekaorton (le dodici festività più importanti dell’anno liturgico cristiano ortodosso), le quali proseguiranno nelle pareti successive.
Parete Sud
Nel Ciclo inferiore sono presenti:
nei pressi della finestrella a sud, un affresco costituito da un rettangolo verticale con disegni geometrici e floreali stilizzati;
un Santo con incensiere e turibolo dorato, identificato con Santo Stefano;
sotto un arco trilobato che dà a questo pannello il giusto risalto, un volto di Madonna presumibilmente recante il Bambino, sullo stile dell’Odigitria ma con variante dell’inclinazione del viso a destra.
dopo l’attuale porta d’ingresso, sono presenti i resti degli affreschi di Sant’Agata e San Vincenzo (una delle più antiche rappresentazioni del Santo, attuale Patrono della vicina Ugento) riconoscibile solo dall’iscrizione in latino.
Nel ciclo superiore, in continuità con le raffigurazioni dell’Annunciazione della parete est, sono identificabili alcune scene: quella della Natività, la Presentazione di Gesù al tempio, il Battesimo nel Giordano e la Trasfigurazione; di quest’ultima si notano le figure di San Pietro e Sant’Elia, un tempo coperte dall’arco di sostegno posticcio.
Parete Ovest
Nel ciclo inferiore sono presenti il frammento superiore di San Giorgio a cavallo, riconoscibile grazie all’iscrizione esegetica. Sopra l’antica porta a ovest oggi murata, è visibile la scritta di dedica della basilica e, proseguendo verso destra, i resti di una figura di Santo di cui rimane solo l’aureola.
Nel ciclo superiore, proseguono alcune scene di difficile lettura: probabile l’identificazione della Resurrezione di Lazzaro cui fa seguito l’Ingresso di Gesù a Gerusalemme.
Parete Nord
Nel ciclo inferiore sono identificabili Sant'Ippolito che monta un cavallo loricato riccamente bardato in rosso in presenza di una bandiera rossocrociata. Seguono ai lati della barriera (templon) ora scomparso e che separava i fedeli dallo spazio destinato all’ufficio del sacerdote, le icone raffiguranti San Nicola di Myra e i Santi Cosma e Damiano (tra le più antiche rappresentazioni dei Santi Medici del Salento).
Nel ciclo superiore si concludono le scene del ciclo cristologico bizantino:
L’ultima cena, un frammento ben preservato dall’arco posticcio che lo ricopriva, con la scritta «O Mystikos deipnos» sovrastante la raffigurazione di una basilica che fa da sfondo alla scena. Sulla tavola imbandita sono rappresentate ceste con pesci, pagnotte, un tripode e un coltello con manico nero che ricorda il coltello utilizzato nella liturgia bizantina per la prosphorà (offerta del pane). I volti dei Santi Apostoli sono identificabili grazie alle lettere identificative: JA sta per Giacomo il Maggiore, TW sta per Tommaso e CI per Simone Zelota.
Seguono La cattura di Gesù nel Getsemani, la Crocefissione e l’Anastasis (un tema iconografico dell’arte bizantina, rappresentante la resurrezione di Cristo e la discesa agli inferi).
Fonti
Aar Ermanno, «Gli studi storici in Terra d’Otranto — Frammenti estratti in gran parte dall’Archivio Storico Italiano (Serie IV) a cura e spese di Luigi Giuseppe De Simone». Tip. Galileiana di M. Cellini, Firenze, 1888;
Berger Michel e Jacob André, «Un nouveau monument byzantin de Terre d'Otrante. La chapelle saint-Nicolas de Celsorizzo, près d'Acquarica del Capo, et ses fresques, (an. 1283)» in «Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici» n.s., 27, 1990;
Calò Mariani Maria Stella, «Cavalieri Teutonici in Capitanata — L’insediamento di Torre Alemanna», Regione Puglia — C.R.S.E.C., 2004
Curzi Gaetano, «Croisade, ordres militaires et saints guerriers: culte et iconographie en Italie centro-méridionale» in Damien Carraz e Esther Dehoux «Images et ornements autour des ordres militaires au Moyen Âge: Culture visuelle et culte des saints (France, Espagne du Nord, Italie)», Toulouse, Presses universitaires du Midi, 2016;
De Cillis Francesco, "Il pellegrinaggio medievale. Cavalieri, santi e viandanti per le vie della Puglia. Il cammino di San Giacomo Maggiore in Terra d’Otranto. Iconografia e culto giacobeo", 2021;
Jacob André, «I graffiti latini di San Nicola di Celsorizzo ad Acquarica del Capo e la riapertura della chiesa nel Cinquecento» in «Bollettino Diocesano Santa Maria de Finibus Terrae», 2017;
Marino Salvatore, "Celsorizzo in Acquarica del Capo", Grafema, 1999;
Bisanzio: La masseria di Celsorizzo (Acquarica del Capo) (wwwbisanzioit.blogspot.com)
https://www.salogentis.it/2014/02/23/la-cappella-di-san-nicola-nella-torre-del-celsorizzo/
Celsorizzo, il Medioevo sulla strada per Leuca (salentoacolory.it)
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