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Chiesa della Madonna dei Panetti (Sec. XI - XII)


Chiesa della Madonna dei Panetti con frantoio ipogeo
Chiesa della Madonna dei Panetti con frantoio ipogeo

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Indice


Un raro gioiello legato alla cultura greco-bizantina

La chiesa della Madonna dei Panetti è uno dei monumenti religiosi più antichi del basso Salento e risale all’XI - XII secolo, sebbene tradizioni differenti la attestino già al X secolo.

La chiesa doveva far parte del casale medioevale di Celsorizzo (indicato fino agli inizi del XVI secolo come "villaggio greco"), situato a poca distanza dalla stessa, e probabilmente esisteva già prima della costruzione della Cappella di San Nicola di Myra (incastonata nella base della torre difensiva di Celsorizzo e i cui affreschi risalgono al 1283) la cui fondazione potrebbe essere legata alla presenza di un nuovo feudatario che volle sottolineare il rinnovato assetto feudale.

Il nome deriva forse dal greco Panellenios, cioè "di tutti i greci" per indicare l’origine greca della chiesa. Popolarmente si dice anche Madonna dei Panetti, perché il fondo vicino alla chiesa, lasciato da un devoto, era coltivato a grano usato per il pane dei poveri che veniva distribuito nella festa dell'Assunzione. Monsignor Tommaso De Rossi, Vescovo di Ugento, nella visita pastorale del 1711, riferisce infatti di aver "visitato la chiesa detta dei Panelli, dedicata all’Assunta, quando in quella contrada c’era un villaggio (Ceciovizzo) mentre in seguito altri abitanti vennero a ingrandire Acquarica" confermando che qui "vi si celebra la festa nel giorno dell'Assunzione dell B.V." A conferma di ciò, lo storico Carmelo Sigliuzzo riferisce che negli anni '50 del XX secolo, sull'unico altare esistente, era raffigurata la Madonna Assunta, oggi scomparsa. Lo studioso, inoltre, ritiene che la chiesa abbia sostituito un luogo di culto interrato dei monaci Basiliani (corrispondente al vicino frantoio ipogeo) al momento dell’arrivo dei Normanni sul posto, esattamente come avvenne con la chiesa di San Nicola a Celsorizzo.

Ciò che rende questa chiesa speciale è il fatto di essere l'unica tipologia a due absidi semicircolari ancora conservata in Salento: un espediente architettonico raro che consentiva la celebrazione della Messa a seconda della liturgia greca o latina. Infatti, sono stati individuati resti analoghi di solo quattro chiese vicino a Otranto (Quattro Macine, Palanzano e Soleto) e Manduria (San Pietro in Mandurino).

Le absidi che fuoriescono dalla parete sono disposte a est, come è solito dello stile bizantino, in modo che i raggi solari dell'alba passanti per le due finestrelle toccassero l'altare segnando il momento della celebrazione della Santa Messa. Inoltre, a sinistra delle absidi esiste ancora il piccolo altare della "protesi", dove ci si preparava per la Messa dichiarando le intenzioni della stessa mediante la separazione dell'Eucarestia in tanti pezzi quanti ne occorrevano per ciascuna celebrazione.

Come evidenziato da Brunella Bruno, nel Basso Salento "...dove l’elemento greco permeava fortemente il tessuto sociale e religioso, la scelta dell’impianto biabsidato potrebbe essere stato dettato da ragioni liturgiche, ma anche politiche. Se, infatti, la fondazione di nuove

chiese era un modo attraverso cui controllare il territorio, è anche vero che esisteva la necessità oggettiva di non rompere improvvisamente i legami con la cultura greca che avrebbe suscitato l’ostilità degli abitanti dei casali".


Gli affreschi e il ciclo dedicato a San Nicola

Affresco di San Nicola di Myra
Affresco di San Nicola di Myra

Al suo interno è presente un magnifico ciclo iconografico tutelato dal Ministero della Cultura ed incluso nel Catalogo generale dei beni culturali. Sulla parete frontale e sulle absidi, in particolare, si notano strati di pittura e graffiti del periodo bizantino (XI-XII sec.) molto deteriorati.

Nell’abside a sinistra, tra gli affreschi più antichi, risalta la Vergine e San Giovanni Battista benedicente e recante l’iscrizione evangelica in greco «Io sono la voce di colui che grida nel deserto», riferibili a due fasi

pittoriche medievali diverse.

Tra i resti dei dipinti visibili sulla parete Nord, si staglia una bella immagine di quello che dovrebbe essere San Nicola di Myra (inizio XIII sec.), rappresentato in abiti vescovili, e ciò che resta di un probabile ciclo a lui dedicato (seconda metà del XIII sec.). Di quest’ultimo si individua chiaramente San Nicola corredato da un’iscrizione esegetica: egli è rivolto verso la sua destra, dove erano rappresentati due astanti dei quali si legge solo il nome, Urso e Nepoziano, due dei tre generali, imprigionati da Costantino perché accusati di cospirazione, che Nicola liberò dalla prigione operando un miracolo. La scena presente nell’affresco di Acquarica la ritroviamo, tra le altre, nella nota icona agiografica conservata nella Pinacoteca Provinciale di Bari.

Nell’abside a destra sono presenti affreschi più recenti (XVI e XVII secolo): al centro un Cristo Pantocratore (o Dio Padre) reggente il globo e in una posizione tipica dell'iconografia greca, a destra un Santo francescano (forse Sant'Antonio) e a sinistra un Santo Vescovo.

Interessante notare come questa abside mostri tracce di affreschi più antichi, probabilmente contemporanei a quelli della prima abside: dalla testa del Cristo, infatti, spicca un occhio femminile che fissa l’osservatore.


La struttura e i ritrovamenti di tombe

Planimetria. In neretto le parti ricostruite dopo il crollo del XVIII secolo
Planimetria. In neretto le parti ricostruite dopo il crollo del 1° novembre 1710

La struttura attuale, le cui dimensioni sono di circa metri 5 x 6, è frutto della ricostruzione fatta dagli Ayerbo d'Argona - Guarino nel 1711 a seguito del crollo parziale avvenuto l'anno prima, come afferma Mons. De Rossi: "... una volta questa chiesa era deserta e abbandonata e il primo novembre dell'anno scorso crollò in parte. Perciò i signori Patroni di Acquarica, nel cui feudo è situata la chiesa, restaurarono l'antica chiesa e la riportarono alla forma attuale". Da ciò deriva l'attuale forma dell'edificio, con volta a doppia botte crociata, sostenuta da colonne portanti sovrapposte alle vecchie mura.

Essa è coperta da una volta a spigolo posata su pilastri di tufo. Secondo ipotesi più recenti, in passato l'edificio occupava una superficie maggiore verso Ovest, presentando probabilmente una doppia navata, forse con volta a tegole e ingresso di fronte alla prima abside.

La chiesa ha una sola campana datata 1800, proveniente dalla cappella della Madonna del Ponte, dalla quale è stata trasferita nel 1984: ritrovata scavando vicino agli antichi «ponti» di Acquarica, è detta dalla tradizione «devota e miracolosa», perché, se suonata durante un temporale, farebbe cessare il maltempo.

La chiesa, prima di proprietà della famiglia Arditi di Presicce, passò poi al Comune di Acquarica del Capo. Nel 1984 vi fu un primo importante restauro degli affreschi e una sistemazione dell'area circostante durante il quale furono inoltre rinvenute sotto il pavimento alcune tombe di varia misura tagliate nel banco roccioso, sembra colmate subito. Non è escluso pertanto che ci potesse essere un piccolo cimitero a ridosso dell’area sacra. Nel 1997 subì un quasi completo restauro con l'intervento di specialisti della Soprintendenza.

Riaperta al pubblico culto nel maggio del 1986, attualmente è usata dalla Parrocchia "San Carlo Borromeo" per alcune funzioni religiose e per l'omonima festa rionale che si svolge tra maggio e giugno.


Fonti

  • Aar Ermanno, "Gli studi storici in Terra d'Otranto - Frammenti estratti in gran parte dall'Archivio Storico Italiano (Serie IV) a cura e spese di Lui Giuseppe De Simone". Tip. Galileiana di M. Cellini, Firenze, 1888;

  • AA.VV. Istituto Comprensivo Statale Acquarica del Capo, "Acquarica del Capo - percorsi nel territorio e nella memoria", Editrice PrintLeader, 2001;

  • Brigante Antonio, "Acquarica del Capo in cammino - Linee storiche dalle origini all'Unità", 2004, Gino Bleve Editore;

  • Brunella Bruno, "Le chiese medievali a due absidi nel Salento, primi dati", in P. Peduto e R. Fiorillo (a cura di), III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale - Salerno 2003, vol. I, Firenze;

  • Colella Giancarlo e Marino Salvatore, "Celsorizzo tra sorprese e stupore" pubblicato su "La Voce" - Anno 2 - n. 1 - Marzo 2021;

  • Marino Salvatore, "Tracce di storia in Acquarica del Capo - Le iscrizioni - I campanili", Edizioni Leucasia, 2001;

  • Palese Salvatore (a cura di), "Carissimi - lettere di don Tito Oggioni Macagnino agli Acquaricesi - 1978 - 1991", Parrocchia San Carlo Borromeo, Pubbligraf, 2002;

  • Safran Linda, "Scoperte salentine", estratto dalla rivista "Arte Medievale", anno VII, 2, 2008;

  • Tonti Gianluca, "La chiesa della Madonna dei Panetti in Acquarica del Capo | Salogentis", 2012;

  • Bisanzio: Chiesa della Madonna dei panetti, Celsorizzo (Acquarica del Capo) (wwwbisanzioit.blogspot.com).



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