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La formazione e l'esilio
Giuseppe Giannuzzi nacque a Poggiardo il 1° aprile 1841 (secondo le fonti dei Gesuiti il 31 marzo) e appena diciassettenne, il 7 novembre 1858, si trasferì a Napoli, dove entrò tra gli aspiranti novizi della Compagnia di Gesù, completando nel 1860 gli studi liceali classici.
Il 12 settembre 1860, a pochi giorni dall'ingresso in Napoli, Giuseppe Garibaldi, con i poteri di dittatore, decretò l'espulsione dei Gesuiti dal Mezzogiorno e la confisca di tutti i loro beni; per tale ragione Giannuzzi dovette andare in esilio in Spagna per proseguire gli studi.
Tra le prime composizioni giovanili di questo periodo troviamo la "Raccolta di poesie ad uso di Giuseppe Giannuzzi A.D. 1860", conservato presso l’Archivio Parrocchiale di Acquarica del Capo: si tratta di un quadernetto di composizioni latine di vario genere, fra cui trascrizioni di brani di Ovidio, Orazio ed altri autori classici latini, oltre a poesie di argomento religioso; per la maggior parte sono composizioni dello stesso Giannuzzi, il quale si firma PARTHENIUS o PARTHENIUS S.J. .
In Spagna frequentò i corsi di retorica e filosofia presso il seminario gesuitico di Balaguer (1860-64) e i corsi di teologia presso il Collegio Massimo Legionense di Lèon (1864-68). Qui, iniziò la sua carriera di insegnante di retorica e di educatore (1869-70).
Ordinato sacerdote nel 1866 dal Vescovo di Urgell (Andorra), completò gli studi teologici nel 1868 e fu docente in varie scuole private d'Europa dal 1870 al 1876: in particolare insegnò lettere latine, italiane e spagnole nell'Istituto Carrion de los Condes (Valencia) e lingua spagnola al Politecnico di Anversa (Belgio).
Il ritorno in Italia e le prime opere
Nel 1876 ritornò in Italia dove fu precettore in alcune nobili famiglie a Napoli e in Calabria fino al 1884: in particolare a Napoli presso famiglia De Mari e successivamente presso il Marchese calabrese Vito Nunziante di San Ferdinando (come risulta dalla dedica del libro “Orazio e il suo secolo”, luglio 1884). In questo periodo una sua "Lettera, di Napoli, Agosto 1876" fu ritenuta meritevole di essere inserita nella raccolta delle "Lettere edificanti della provincia napoletana" della Compagnia di Gesù: si tratta di uno specifico genere letterario nato dalla pubblicazione delle lettere e relazioni più significative di missionari e gesuiti, che una volta l'anno venivano raccolte e diffuse tra i religiosi della Provincia.
In questo periodo divenne socio dell'Accademia Tiberina e nel 1877 diede alle stampe il saggio di poesie «Specimen latinae italicaeque poeseos», firmandosi col nome arcadico Argillo Laconio assegnatoli dalla prestigiosa Accademia dell'Arcadia, nel quale emergono temi strazianti come l'esilio, il distacco dai compagni di studio, la lontananza dalla famiglia e la morte del padre. La rivista "La Civiltà Cattolica" nel recensire questi componimenti scrisse che a proprio giudizio "...gli meritino un posto assai ragguardevole fra'migliori cultori della latina poesia che vanti la nostra età, così pe' concetti, e per l'ordito dei componimenti, come per le grazie della lingua e dello stile".
Nello stesso anno si cimentò inoltre nella scrittura di un dramma sacro richiesto da un comitato di cittadini di Alliste per la festa patronale su «La vita e il martirio di San Quintino», relativa alla persecuzione dei cristiani da parte di Diocleziano.
Nel 1878, compose «Le grandezze di Maria Vergine Madre di Dio svelate al popolo cattolico», testo dogmatico e pedagogico insieme, con l’intento di dare legittimità alla devozione popolare e difenderla dalle accuse di «superstizione e fanatismo» da parte di chi «ogni sillaba assoggetta all’esame della dea ragione» e, al tempo stesso, dare consistenza di contenuto alle espressioni religiose della gente semplice, perché non si contentasse di devoti affetti «trascurando il nerbo del raziocinio».
Nella sua attività di precettore e insegnante in vari licei pubblici, volgarizzò nel 1882 le opere di Quinto Orazio Flacco - la cui traduzione fu "lodatissima dal Martini e dal Carducci" (Cit. da "La Democrazia", 1913) - ricostruendone il loro contesto storico, e pubblicò la traduzione dal latino del testo «Il giuoco degli scacchi» (o "La Scaccheide") di Girolamo Vida, uno dei più grandi studiosi cremonesi di Virgilio del XVI secolo, la quale fu recensita come "elegante, spigliata e giusta nel concetto" (cit. da "Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti", 1884). Quest'ultima opera fu dedicata "all'ottimo amico Cav. Luigi Arditi" di Presicce "in testimonianza di profondo affetto e stima".
Il trentennio acquaricese e il secondo posto al premio di Amsterdam dopo Giovanni Pascoli
Non avendo fatto "professione" nella Compagnia di Gesù, il 18 gennaio 1884 Giannuzzi chiese e ottenne l'autorizzazione a lasciarla e, nella primavera-estate di quell’anno, si trasferì ad Acquarica del Capo, dove risiedevano il fratello Luigi (segretario comunale del paese dal 1881 al 1921) e l'adorata madre Concetta Piccinni di Depressa (Tricase). Qui fu accolto dall’economo curato della parrocchia, il teologo Don Giovanni Ippazio Cantoro, e dal Vescovo Gennaro Maria Maselli, che il 24 ottobre 1884 lo registrò nel clero della diocesi di Ugento.
Ad Acquarica trovò finalmente la serenità necessaria per dedicarsi alla sua attività letteraria, divenendo ben presto un punto di riferimento per la comunità, tanto che nei suoi lavori si firmava ormai "...Josephi Giannuzzi Aquaricensis". Nello stesso anno, infatti, scrisse uno studio critico su "Orazio e il suo secolo" che Giacomo Arditi di Presicce recensì e lodò definendolo "un libro ingegnoso nel concetto, elegante nello stile, bellamente soffuso di erudizione e di osservazioni critico-morali, che dimostrano la dottrina e l'integrità dell'egregio autore. Possa il mio encomio che non è servo, giungere fino a lui, ed animarlo a darci altre produzioni che valessero, come questa, al doppio scopo d'istruire e dilettare!", (cit. da "Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti", 1884); seguì un poemetto dedicato "A S.M. Umberto I° Re d’Italia" quale ringraziamento per la sua visita a Napoli colpita dal colera.
In quel periodo i giornali dell'epoca annunciarono più volte l'immenente pubblicazione di un'altra sua opera, "Teatro Romano", ad oggi rimasto inedito.
Don Giovanni Ippazio Cantoro, ne valorizzò la cultura e la fama, in particolar modo nell’educazione della gioventù ecclesiastica e non, nel seminario vescovile di Ugento, di cui fu Rettore, docente e direttore degli studi (1885-1886 e 1892-1895). Svolse altresì l'attività di docente Seminario arcivescovile di Otranto (1886-70) e in quello di Nardò.
La sua intensa attività fu concentrata sui classici dell’età augustea e nel 1893 si concretizzò nella traduzione delle satire di Decio Giunio Giovenale, dedicata al Ministro della Pubblica Istruzione Ferdinando Martini, riformatore degli studi nel Regno: in tale opera - "giustamente ritenuta la più lodevole e la sola veramente completa che abbia l'Italia e che lodata dal Carducci e dal Martini gli meritò la laurea ad honerem dal Ministero della P.I." (cit. da "La Provincia di Lecce", 1914) - esaltò la Roma Repubblicana, rivendicando la libertà della satira contro i potenti, l'autonomia di interpretazione della rima originale e la sua funzione di educatore.
Nel 1894 fu inserito nel «Catalogo Bibliografico degli scrittori Salentini» di Amilcare Foscarini. Fu poi chiamato a insegnare italiano presso il Regio liceo ginnasio «Palmieri» di Lecce (1895-1896) e presso il Collegio gesuita "Nicodemo Argento" di Lecce (l'attuale Museo provinciale "Sigismondo Castromediano").
Nel 1895, per uso degli studenti compì la singolare iniziativa di volgere in esametri latini i celebri versi dei «Sepolcri» di Ugo Foscolo, pubblicandoli con il testo italiano a fronte.
Nel 1908, il terremoto che distrusse Messina e danneggiò gravemente Reggio Calabria gli ispirò il «De Siciliae et Calabriae Excidio Carmen». Con questo carme di 494 versi in esametri latini, molto apprezzato in provincia, nel 1910 partecipò al Certamen poeticum Hoeufftianum, il più prestigioso premio letterario di poesia in lingua latina esistente dal 1844 al 1978 ad Amsterdam. L'opera fu giudicata degno di grande lode e meritevole di pubblicazione, classificandosi secondo dietro a Giovanni Pascoli che ottenne la medaglia d'oro con il componimento «Pomponia Graecina». Nel carme, inoltre, emerge l'amicizia verso il noto poeta e latinista reggino Diego Vitrioli (1819-1898) che il Giannuzzi considerò come un maestro.
Nel 1913, con la traduzione de «L’Eneide di P. Virgilio Marone, recata in versi italiani dal prof. Giuseppe Giannuzzi» - da alcuni giudicata per certi aspetti superiore a quella di Annibal Caro - espresse il massimo del suo impegno e della sua maturità nel rendere al meglio parole, immagini e senso del poema: fu l’ultima opera, anche questa dedicata al Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, di cui ne ottenne il gradimento.
Morì il 5 aprile 1915, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, per "paralisi cardiaca" e fu sepolto in Acquarica del Capo nella tomba di Salvatore Marzo.
I riconoscimenti
Ad Acquarica fu lutto cittadino per don Peppino «latinista insigne dei più noti e stimati in Italia». La stampa diffuse la notizia in tutta la provincia di Terra d’Otranto ("La provincia di Lecce" dell’11 aprile 1915; Il "Corriere meridionale" del 15 aprile 1915, che lo definì «studioso che ha onorato la nostra Provincia»; "L’Ordine" del 16 aprile 1915).
Il 25 aprile 1916, dopo un discorso commemorativo tenuto dal suo allievo, il Prof. Fortunato Capuzzello - che lo definì "un umanista contemporaneo in Terra d'Otranto" e gli dedicò un'elegia in latino - , fu apposta una lapide commemorativa sulla sua abitazione in via Neviera (poi intitolata negli anni Venti "via Giannuzzi"), alla presenza del Prefetto di Lecce e dei Presidenti del Consiglio e della Deputazione Provinciale, recante questa iscrizione:
"JOSEPHO GIANNUZZI / SACERDOTI CHRISTIANA DE FIDE OPTIME MERITO / CLARO MAGISTRORUM PRINCIPI / QUI INVENUM MENTES OPTIMAS FORMAVIT AD ARTES / RENATAE LATINAE POESEOS AUCTORI / VETERUM POETARUM VESTIGIA MAGNA LUSTRANTI / FRATRES ILLACRIMANTES FRATRUMQUE LIBERI / P.P. /ORTUS BOIARDI KALENDIS APRILIBUS A. MDCCCXLI / IN MELIORES TRANSLATUS EST AURAS / AQUARICAE NONIS APRILIBUS A. MCMXV"
(Traduzione: "A Giuseppe Giannuzzi, che egregiamente fu benemerito della fede di Cristo, maestro quant'altri mai grande e pregiato, il quale educò le menti dei ragazzi allo studio delle belle arti, umanista che dei poeti dell'antichità seguì dappresso le orme gloriose").
Nel 1922 meritò di essere menzionato dal Prof. Tommaso Sorbelli all'interno dell'opera "La nuova poesia latina in Italia".
Fu commemorato in Acquarica una seconda volta il 31 maggio 1954 con un discorso tenuto dal notaio Carlo Pedaci alla presenza delle autorità civili e religiose e il 21 dicembre1966 gli fu intitolata la locale scuola media.
Nel 1970, lo storico Prof. Mons. Salvatore Palese gli dedicò un breve ma importante studio apparso in "Acquarica del Capo 1970 - raccolta di studi e ricerche promossa dalla Parrocchia S. Carlo Borromeo" e nel 2001 l'Istituto Comprensivo di Acquarica del Capo presentò una breve descrizione della sua figura con elenco delle opere dal titolo "Giuseppe Giannuzzi, un uomo da non dimenticare".
Il 21 aprile 2007 l’Amministrazione Comunale lo commemorò una terza volta con il convegno cittadino dedicato alla pubblicazione “Giuseppe Giannuzzi, poeta e latinista acquaricese” dei Proff. Antonio Brigante e Tommaso Ventura, i quali curarono anche i successivi convegni a lui dedicati, il quarto ed ultimo dei quali si svolse il 20 maggio 2011. Come scrive il Prof. Carlo Stasi "Il merito dei curatori sta non solo nell’aver colmato una serie di lacune bio-bibliografiche ...ma anche nell’aver recuperato tutti i testi sparsi per le biblioteche d’Italia e d’Europa acquistandone e conservandone copia originale o microfilmata presso la Biblioteca comunale di Acquarica. Un esempio da seguire".
Fonti
AA.VV., "Acta Conventus Neo-latini Upsaliensis: Proceedings of the Fourteenth International Congress of Neo-Latin Studies (Uppsala 2009)", Ed. Astrid Steiner-Weber, 2012;
AA.VV., "Bibliothèque de la Compagnie de Jésus: A-L", 1892;
AA.VV., "Il Risorgimento" (1906:A. 31, nov., 7, fasc. 38);
AA.VV., "La Civiltà Cattolica", Anno Vigesimottavo, Vol. II, Serie X, Luigi Manuelli Libraio, 1877;
AA.VV., "La Democrazia" (1913:A. 14, giu., 1, fasc. 20);
AA.VV., "La provincia di Lecce" (1914:A. 20, gen., 11, fasc. 2);
AA.VV., "Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti", pagg. 48 e 260, Tip. Vecchi, 1884;
AA.VV. Istituto Comprensivo Statale Acquarica del Capo, "Acquarica del Capo - percorsi nel territorio e nella memoria", Editrice PrintLeader, 2001;
Brigante Antonio e Ventura Tommaso, "Giuseppe Giannuzzi, poeta e latinista acquaricese", Romeo Corchia Editore, 2007;
Casciaro Daniela, "Via Giannuzzi ad Acquarica ricorda il prete e il fine umanista - Ci avvicinò a Virgilio, Giovenale e Orazio", in "Simu salentini - Le strade raccontano", PiazzaSalento, gennaio 2014;
Palese Salvatore, "Giuseppe Giannuzzi (1841–1915) — Un prete salentino, latinista e poeta tra Ottocento e Novecento";
Stasi Carlo:
"Dizionario enciclopedico dei salentini", Ed. Grifo, 2018;
"Giuseppe Giannuzzi, un misconosciuto latinista salentino - Tradusse l’Eneide e rivaleggiò con Giovanni Pascoli", all'interno di "Euromediterrano", Numero 9, Anno VII, 1-15 giugno 2007
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