I muretti a secco
Il paesaggio rurale di Acquarica del Capo è pervaso dalla presenza dei caratteristici muretti a secco salentini, risultato di un’arte antichissima che testimonia l’armoniosa relazione tra gli uomini e la natura. Infatti, fino a qualche decennio fa, i contadini, durante l’aratura o lo spietramento dei terreni, mettevano da parte i pezzi di roccia che trovavano e li riutilizzavano per la costruzione di questi muretti di delimitazione della proprietà agricola; queste costruzioni, senza l’aggiunta di malta o cemento, permettevano all’acqua di penetrare e allo stesso tempo rivestivano un ruolo vitale per prevenire frane, allagamenti e combattere l’erosione del suolo e la desertificazione.
Il Comitato per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, riunito dal 26 novembre al 1° dicembre 2018 a Port Louis, nelle isole Mauritius, ha iscritto «l’arte dei muretti a secco» nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'UNESCO.
L’UNESCO ha evidenziato che «l’arte dei muretti a secco» consiste nel costruire sistemando le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra asciutta. Queste conoscenze pratiche vengono conservate e tramandate nelle comunità rurali, in cui hanno radici profonde, e tra i professionisti del settore edile. Le strutture con muri a secco vengono usate come rifugi, per l’agricoltura o l’allevamento di bestiame, e testimoniano i metodi usati, dalla preistoria ai nostri giorni, per organizzare la vita e gli spazi lavorativi ottimizzando le risorse locali umane e naturali.
I muri paralupi
Particolari tipi di muri a secco sono i cosiddetti “paretoni” o "paralupi", muri molto alti che recintavano le masserie; questi, in alcuni casi, presentano sulla parte alta un cordolo di grosse pietre piatte (“cappeddhi”) sporgente verso l’esterno, in modo da impedire agli animali selvatici di arrampicarsi; in altri casi presentano una base che spesso supera lo spessore di un metro, per poi restringersi fino a 20 cm verso l’alto, creando così uno stato di precarietà nella parte superiore che rende difficile superarli. In località Acquarica si possono ammirare presso le masserie fortificate di Celsorizzo e Baroni (in quest'ultima con tessitura del pietrame disposto a corsi orizzontali, databili al XVI secolo). Questi muri venivano costruiti per fronteggiare i lupi, fino a qualche secolo fa molto diffusi nel Salento, da cui la denominazione di “paralupi”. Basti pensare che nella millenaria foresta di Belvedere, che si estendeva per 7000 ettari dal territorio di Otranto sino ai confini con Specchia, trovavano asilo volpi, lepri, conigli, tassi, istrici, ricci, faine, martore e puzzole, e «i voraci lupi e i cinghiali, di cui l’ultimo fu ucciso nel 1864, anno in cui il bosco era ridotto quasi a metà». Con riferimento ad Acquarica, il "Giornale del Regno delle due Sicilie" del 26 marzo 1820 riportava questa notizia: "Il 4 del corrente, si vide scorrere per le campagne di Acquarica del Capo, in Terra d'Otranto, un lupo rabbioso. Furono quelle contrade per più giorni travagliate dal feroce ospite, senza che riuscisse distruggerlo. Un contadino, sorpreso solo ed inerme, morì con manifesti segni d'idrofobia. Dopo avere errato per alcuni giorni per vasto territorio, l'animale si introdusse in quello di Alliste, ove assalì un tal Vito Chetta, il quale, fatto animoso alla vista del sicuro pericolo, se gli cacciò innanzi, e strettolo tra le sue braccia riuscì a gittarlo strangolato sul suolo. Le autorità attendono a far curare in luoghi separati gl'infelici che vennero attaccati d'idrofobia".
(Fonti: L’”Arte dei muretti a secco” iscritta nella lista del Patrimonio Immateriale dell'UNESCO. | News Unesco; Giornale del Regno delle due Sicilie del 26 marzo 1820, raccolta Vol. 2, pag, 292; Raffaele Marti, L’estremo Salento, Lecce 1931, pp. 21-23)
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