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Immagine del redattorePro Loco Acquarica del Capo

Il Castello medioevale (Sec. XII e XV)



Indice


La fortezza dove rivive il genio militare del Principe di Taranto

Il cuore del borgo di Acquarica del Capo è rappresentato dal Castello medievale, il cui nucleo originario — costituito da una cinta muraria rafforzata da un torrione — fu edificato intorno al XII secolo dai feudatari normanni Bonsecolo, baroni della Contea di Lecce.

Successivamente venne ristrutturato dai vari feudatari che lo abitarono e, in particolare, da Giovanni Antonio Orsini del Balzo, principe di Taranto, che ebbe il feudo di Acquarica nel 1432, quando l’insediamento contava circa una trentina di fuochi, motivo per cui la parvenza attuale dell'edificio è più rinascimentale che medioevale. Il principe aveva avviato un poderoso progetto di ammodernamento e ampliamento delle fortificazioni esistenti sul territorio: "assieme alle piazzeforti di Taranto e Lecce, le fortificazioni di Soleto, Fulcignano, Grottaglie, Roca, Carovigno, Oria, Conversano, Acquarica del Capo, Tricase, Pulsano, Francavilla Fontana e Mesagne, erano state sottoposte a restauri o rafforzamenti che ne avevano esaltato le funzioni difensive, pur senza che mai venissero tralasciati gli aspetti propriamente residenziali delle costruzioni castellari, votate a ospitare un apparato principesco che, in uno, doveva sontuosamente manifestare lustro e forza bellica. Nemmeno il violento terremoto notturno che aveva imperversato fra sabato 4 domenica 5 del 1456, con scosse tra il VI e IX grado della scala Mercalli (..) era stato capace di abbattere le possenti roccaforti orsiniane: ed era soprattutto a quei castelli che mirava Gedik Ahmed Pascià nel reclamare le terre appartenute a Giovanni Antonio del Balzo Orsini." (cit. Vito Bianchi "Otranto 1480", 2018).

Nei secoli XVI-XVII il maniero venne interessato da ulteriori lavori come attestato dagli stemmi, lungo le mura, dei Guarino, Ayerbo d'Aragona, e Centelles.

Il Generale e storico Carmelo Sigliuzzo lo ha definito il «Castello delle meraviglie», evidenziando che:

«Qui rivive la genialità di Giovanni Antonio Orsini, la più notevole figura di principe nostrano, che nell’arte della guerra e del governo dei suoi soggetti precorse i tempi».

Questi, infatti, trasformò il precedente recinto fortificato di epoca normanna in un fortilizio a forma di quadrilatero, con ciascun lato che misurava 40 metri, dotato di quattro torri cilindriche scarpate con terrapieno agli angoli, collegate da cortine.

I resti della precedente cinta muraria normanna sembrano individuabili sul lato di via Roma di Località Acquarica. Il Sigliuzzo, infatti, evidenzia che la facciata «in prossimità della torre superstite presenta una specie di saldatura fra due tipi di muratura con fregi di coronamento differenti. Quello attiguo alla torre ripete lo stesso motivo architettonico del caposaldo, mentre il resto della cortina è ad alveare, segno evidente che la torre e il tratto di cortina adiacente sono stati costruiti in epoca successiva dal Principe di Taranto innestando i nuovi elementi alla vecchia cinta fortificata».

Nell’informazione fiscale del 1531 — al tempo di Giovan Pietro Guarino — si legge che il casale di Acquarica «tiene certa muraglia o ridotto per i villani in tempo di guerra» di pertinenza del Barone. Inoltre, nella Visita pastorale del 1711 è annotato che «l‘habitato è in forma di castello, costruito nel centro del villaggio, rustico ma ben compatto».

Il Castello era cinto da fossato, colmato in parte in seguito: in un documento del 1688 si parla, infatti, di un «loco detto lo fosso de lo castello», in un altro del 1733 di “castello murato all’intorno e con fosso e baloardi recinto" e nel 1821 la strada alle spalle della fortezza (l’attuale via G. Bruno) era ancora chiamata «Strada del fosso».

Con riferimento agli ambienti interni il Sigliuzzo evidenzia un particolare interessante: i saloni superstiti dell’alloggio baronale hanno il tetto a solaio rinforzato da archi per sostenere meglio il peso delle travi; si tratta di un’usanza normanna che si protrasse per qualche secolo nella nostra regione, specie negli ultimi piani degli alloggi baronali. Lo storico sottolinea anche la particolarità dell’antica sala da pranzo dell’alloggio baronale: «La porta di accesso è di stile barocco ad arco spezzato. Nell’interno altre due porte murate, una di stile ogivale e l’altra con arco a tutto sesto decorato con sedici bugne a punta di diamante di rimembranza plateresca. Sembra che alla stessa mensa si siano dato convegno tre stili diversi nel corso di sei secoli».

Al pianterreno si notano le tracce di numerosi rifacimenti, come a d esempio la sostituzione del solaio ligneo con volta a botte.

Il torrioncello terrapienato


Cartolina d'epoca del Castello Medievale di Acquarica del Capo
Cartolina d'epoca del Castello Medievale - Collezione Tommaso Coletta

L’attuale torrione angolare superstite risale a un periodo compreso tra il 1432 e il 1445 e si caratterizza per essere uno dei primi e rari esempi conservati di «torrioncello terrapienato», cioè uno dei primi tentativi di trasformare la torre in elemento attivo di difesa contro le prime rudimentali armi da fuoco.

L’idea del terrapieno nacque con l’impiego delle mine sotterranee, nuova forma della guerra d’assedio volta a demolire il basamento delle torri e quello delle cortine.

Il Sigliuzzo aggiunge che «L’opera nella sua struttura esterna sembra un riflesso dello stile federiciano del periodo di transizione, dalla torre pentagonale a quella rotonda, affermatasi durante il periodo angioino, come può riscontrarsi nel Castel Nuovo di Napoli, ed in quelli degli Orsini di Catania e di Maniace in Siracusa».

La torre, costruito con pietrame irregolare, ha un diametro alla base — considerando l’attuale livello stradale al di sopra dell’antico fossato — di 9 metri, mentre quello della casamatta è di 7 metri. Essa presenta due tori marcapiano ed è coronata da archetti pensili. Il parapetto del torrione, leggermente aggettante e sorretto da mensole e beccatelli, presenta due larghe feritoie per colubrina (antico pezzo d'artiglieria a canna lunga e sottile).

L’altezza è di circa 11 metri ma, considerando quella che doveva essere la profondità del fossato, secondo il Sigliuzzo doveva raggiungere almeno i 15 metri.


Gli avvicendamenti feudali più significativi

Stemma inquartato Aragona - Guarino presente sulla facciata
Stemma binato Aragona - Guarino presente sulla facciata

Con un rogito del notaio Judicata di Taranto del 1447 il castello e il feudo di Acquarica furono venduti dal principe di Taranto Orsini ad Agostino Guarino.

Nel 1476 il castello passò a Roberto Securo, nel 1504 a Giovanni Maria Guarino, nel 1533 a Ferrante d'Escas e nel 1545 a Fabio Guarino. Quest’ultimo vendette tutti i suoi beni in Acquarica verso il 1592 per l’acquisto di una aliquota della contea di Alessano avvenuta nel 1600 circa.

Acquarica fu aggiudicata a Silvia Delli Falconi baronessa di S. Elia, a Giovanni Centellas nel 1666 e successivamente ai Guarino duchi di Alessano.

L’ultima discendente di questa nobile casata sposò nel 1744 Giuseppe d’Ayerbo d’Aragona principe di Cassano; da ciò deriva l’impropria denominazione di «Castello Aragonese», mentre quella di «Castello Sforzesco» si motiva per il passaggio del baronato, in linea materna, a Maria Riario Sforza nel 1837.

Il castello passò, infine, ad Antonio Zunica, duca di Castellina, che ne sposò la nipote Luisa nel 1854, acquisendo poi i titoli di Principe di Cassano di Bari e Duca di Alessano nel 1856.

Sulla struttura sono presenti diversi stemmi araldici riconosciuti come beni culturali d’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico dal Ministero della Cultura: sulla torre (XVII Sec.) e sull’ingresso principale dell’alloggio baronale è possibile ammirare lo stemma della famiglia Guarino, sulla cortina quello binato degli Ayerbo d'Aragona - Guarino (XVIII sec.), mentre sul portone principale vi è un'epigrafe ormai illeggibile sormontata dall'emblema dei Centellas (XVII sec.).

Decadenza e rinascita

La costruzione decadde nel corso dei secoli XVIII e XIX: nel 1733 è descritto come “castello murato all’intorno e con fosso e baloardi recinto … dissabitato però e in

parte diruto e cadente, dentro il qual castello è una cappella dotata d’un beneficio semplice…”, mentre, nel 1879, lo storico Giacomo Arditi attesta che, dei quattro torrioni, uno era crollato, mentre gli altri erano ancora in piedi ma ridotti male a causa degli anni e dall’erosione meteorica.

Nel 1910 il Castello fu acquistato dall’Avv. Salvatore Colella, che nel 1932-33 lo adibì a manifattura tabacchi.

Nel 1981 divenne di proprietà del Comune di Acquarica del Capo che avviò una prima ristrutturazione parziale nel 1984, completata nei primi anni del XXI secolo, adibendolo a contenitore culturale.

Nelle stanze al pian terreno è possibile visitare il «Museo del Giunco palustre», originariamente allestito presso Palazzo Villani e poi trasferito presso il Castello nel 2016.

Nel cortile interno, inoltre, si può ammirare l’enorme «pila di Pompignano», riportata alla luce nel 1982 dal Prof. Carlo Stasi che ne ha raccontato la leggenda, e la Cappella «palatina» di San Francesco d’Assisi, che conserva i resti dell'abside di una precedente chiesetta (probabilmente risalente al XII secolo) con scritte in lingua greca e alcune tombe gentilizie al livello del piano di calpestio.


Fonti:

  • AA.VV. Istituto Comprensivo Statale Acquarica del Capo, "Acquarica del Capo - percorsi nel territorio e nella memoria", Editrice PrintLeader, 2001;

  • Bianchi Vito, "Otranto 1480 - Il sultano, la strage, la conquista", Laterza, 2018

  • Brigante Antonio, "Acquarica del Capo in Cammino - Linee storiche dalle origini all'Unità", 2004, Gino Bleve Editore;

  • Cazzato Mario, "Guida ai castelli pugliesi: la provincia di Lecce", Congedo, Galatina, 1997;

  • Calò Francesco e Lia Daniele, "Viaggio nel Capo di Leuca", Associazione Salento in Volo, 2014;

  • Coletta Tommaso, collezione privata di cartoline d'epoca;

  • Paone Michele (a cura di), "Studi di storia pugliese in onore di Giuseppe Chiarelli" - Volume 4, Ed. M. Congedo, 1976;

  • Sigliuzzo Carmelo, "Acquarica del Capo e il Castello delle Meraviglie";

  • Fondazione Semeraro (galcapodileuca.it)





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