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Immagine del redattorePro Loco Acquarica del Capo

La Neviera


Casa F. Stefanachi, Largo Neviera, oggi Via Nazario Sauro
Casa F. Stefanachi, Largo Neviera, oggi Via Nazario Sauro

Nell’immaginario collettivo il Salento è associato al clima mediterraneo, con estati calde e inverni miti. Eppure, i tanti graffiti sul territorio raccontano una storia poco conosciuta: tra la prima metà del 1500 e la prima metà del 1800, infatti, il Salento, come l'Europa, è stato interessato da un fenomeno climatico definito Piccola Età Glaciale (PEG), caratterizzato da un forte abbassamento delle temperature medie stagionali con abbondanti nevicate.

A testimonianza di questo evento vi è la presenza di tipiche costruzioni semi-ipogee chiamate neviere, utilizzate dai contadini e dai feudatari per conservare la neve.

In Acquarica del Capo esistono numerose testimonianze dell’esistenza di una neviera. Infatti, tra i rioni in cui è tradizionalmente suddiviso il paese, ne esiste uno chiamato «Navera» che prendeva il nome da un ambiente circolare anticamente scavato nel terreno nella parte più alta e fredda del paese, sita a Nord-Est.

Tracce dell'esistenza della neviera si rinvengono nel Decreto n. 4752 del 28 gennaio 1858, col quale Ferdinando II di Borbone, Sovrano del Regno delle due Sicilie, autorizzò il Comune "... a concedere in enfiteusi al Signor Gianbattista Stefanachi il fondo rustico denominato Neviera, riportato nel catasto provvisorio all'articolo 393, sezione C, n.° 35 per l'annuo canone netto di ducati 18 ...". A partire dallo stesso anno e sino al 1861, inoltre, il Comune avvierà la censuazione del "fondo Naviera" (Archivio di Stato di Lecce, busta 19, fascicolo 288). Ulteriori tracce si ritrovano nella toponomastica del Comune esistente fino alla prima metà del 1900: troviamo infatti una «Via Neviera» (oggi via Giuseppe Giannuzzi), un «Largo Neviera» (oggi Via Nazario Sauro) e un «Vico Neviera» (oggi prolungamento di Via Cairoli), tutte nei pressi di quella che anticamente era chiamata «Zona Neviera». Nel 1905, sul n.16 de "L'Economista Pugliese" con riferimento alle predette zone si riscontrano varie aste immobiliare del Tribunale di Lecce aventi ad oggeto una "Casa rurale detta Masseria Neviera", una casa in Via Neviera e la "nuda proprietà di un casamento ... nella strada Largo Neviera".

La neviera di Acquarica, della quale sono stati rinvenuti alcuni canali di scolo, con l'espansione dell'abitato è stata probabilmente inglobata in qualche civile abitazione della zona.

Significativo è il fatto che, sull'incrocio di quelle che un tempo erano via Neviera e la Strada Provinciale, l’antica cappella seicentesca della Madonna del Ponte fosse chiamata anche con l’appellativo di Santa Maria della Neve. Tale denominazione attesta l’antica devozione per la Madonna della Neve, presente in molti paesi di Terra d’Otranto e spesso legata alla presenza delle neviere nelle cui vicinanze non era insolito trovare edicole votive e chiesette dedicata alla Vergine Maria. Infatti, prima dell’avvento della fabbricazione industriale del ghiaccio (avvenuta in Italia a partire dal 1830) la neve era una benedizione e la sua raccolta in ghiaccio un’attività essenziale in quanto:

  • in alcuni casi era l’unico rimedio medicinale per curare febbri (spesso associate alla malaria), ferite, ascessi e contusioni, oltre che casi particolarmente difficili che necessitavano della cosiddetta «cura del freddo»;

  • garantiva l’approvvigionamento d’acqua durante i periodi estivi, caratterizzati da settimane intere di siccità;

  • permetteva di conservare meglio alcuni cibi e medicinali oltre che di raffreddare le bevande delle famiglie più agiate.

Planimetria di Acquarica del Capo, zona Navera, relativa agli anni 1931-1950
Planimetria di Acquarica del Capo, zona Navera, relativa agli anni 1931-1950

La neve era raccolta e battuta con attrezzi di legno molto pesanti detti «paravisi» o pressata con tronchi secchi di fico; questa operazione era svolta dagli «insaccaneve», che indossavano sacchi di canapa sopra le scarpe, legati all’altezza delle cosce per evitare di sporcare la materia prima.

Il ghiaccio era riposto nella neviera senza lasciare spazi vuoti in modo che l’aria non potesse infiltrarsi facendolo sciogliere.

Per garantire la conservazione, la neve pressata era avvolta in materiali isolanti come paglia, erbe secche, felci, in qualche caso anche terriccio e sabbia.

Le neviere, la cui forma e tipologia poteva variare a seconda della zona, erano solitamente scavate nella roccia e coperte con volte a botte rivestite di paglia, terriccio e spesso vegetazione spontanea. Inoltre, erano prive di pavimentazione solare (chianche) per permettere l’evaporazione durante l’estate e mantenere l’interno più fresco. L’ingresso era generalmente rivolto a Nord, per ridurre l’azione dell’irraggiamento solare.

Queste strutture potevano raggiungere una profondità di 5/6 metri ed erano spesso di forma rettangolare o quadrata, con larghezza di circa 10/12 metri per lato. Il carico della neve avveniva da un’apertura circolare superiore, mentre il ghiaccio era estratto da porticine laterali, solitamente poste sul lato più corto.

Il fondo della neviera veniva cosparso di ramoscelli, canne o giunchi in modo da evitare che il ghiaccio attecchisse al suolo. Alla base vi era inoltre un canale di scolo per far defluire l’acqua all’esterno.

I blocchi di ghiaccio, del peso di circa 80 Kg, erano estratti e avvolti in sacchi di tela e trasportati su carretti o a dorso di mulo durante le ore più fredde della notte per essere depositato in apposite cisterne, situate nelle periferie centri abitati, dalle quali si rifornivano le botteghe che ne facevano commercio. Prima di essere venduto, il ghiaccio era ripulito da eventuali residui con la cosiddetta «raschiatura». L’attività era talmente remunerativa che dal 1625 al 1870 venne immessa un’imposta sulla neve. Inoltre, la vendita della neve si rivelava un buon impiego della forza lavoro che, durante le nevicate, non poteva occuparsi dei campi. Quando la neve non bastava veniva acquistata dalle zone dell'attuale Calabria, dell'Albania o addirittura da Venezia.

Con lo sviluppo del commercio, i requisiti divennero sempre più specifici: la neve per uso medico e alimentare doveva essere pulita, priva di corpi estranei e commestibile. Inoltre, i prezzi erano calmierati e chi vendeva la neve lo faceva su appalto pubblico e dietro garanzia di una persona del luogo che godeva di ampia fiducia. Chi non rispettava le regole rischiava di essere sanzionato. Il prezzo della neve, che non poteva superare 3 «Grana» (unità monetaria in uso Regno delle Due Sicilie) per blocco, includeva l’imposta che l’appaltatore versava al Comune, la quale, a sua volta, comprendeva una modesta somma che l’appaltatore versava alla chiesa dedicata alla protettrice della neve.

Di seguito un servizio apparso su "Terre del Salento" sulla Neviera di Acquarica, a cura di Alberto Signore.





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